Tra la giurisprudenza di merito e quella di legittimità come le Corti italiani hanno affrontato il delicato tema dei soggetti esterni alla famiglia nucleare per garantire i valori della nostra Carta Costituzionale espressi soprattutto dall’Art. 3: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge».
di I. Frascarolo, F. Napolitano e MR. Oliviero
IL CASO
Una interessante sentenza del Tribunale di Lecce depositata il 4 marzo 2021 richiama un contrasto giurisprudenziale molto discusso in sede di legittimità: la possibilità di vedere risarcito il danno da perdita del rapporto parentale da parte di un soggetto estraneo al nucleo familiare. Un soggetto adisce il Tribunale di Lecce per vedersi riconosciuto il risarcimento del danno patito per la perdita del rapporto parentale del cognato a seguito di un sinistro stradale. Sin dall’atto introduttivo, il ricorrente sottolinea di aver convissuto con la vittima da quando il ragazzo era un neonato, e di essere stato per lui una figura paterna, posto che il padre biologico era sparito poco dopo la sua nascita.
I CONTRASTI GIURISPRUDENZIALI
La sentenza del Tribunale di Lecce ripercorre le dissonanze in seno alla stessa Cassazione, che prima, con sentenza n. 4253/2012, si era espressa sostenendo che per i soggetti estranei al nucleo familiare ristretto fosse necessario dimostrare una situazione di convivenza, «in quanto connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l’intimità delle relazioni di parentela, anche allargate, contraddistinte da reciproci legami affettivi […]». Nel 2016, con sentenza n. 21230, la Suprema Corte affermava addirittura che la convivenza rilevasse esclusivamente come elemento probatorio, da solo non sufficiente a provare il sufficiente grado di consistenza della relazione parentale. Ancora, negli stessi anni si esprimeva sostenendo che la convivenza non fosse neppure elemento indispensabile, essendo necessaria una «condivisione di affetti e di vita che viene radicalmente recisa per effetto della morte del congiunto».