La Suprema Corte, con la recentissima sentenza n. 13606/2024 , pronunciata nell’ambito di un giudizio unico di opposizione a molteplici precetti, notificati ad istanza di un legale nei confronti dello stesso Gruppo assicurativo, ha statuito due importanti principi:
- il divieto di abusivo frazionamento del credito deve ritenersi operante, non solo nella fase di merito, ma anche in relazione al processo esecutivo, allorquando la parte creditrice, sebbene in possesso di più titoli esecutivi, deve notificare un unico atto di precetto, in seno al quale riportare tutti crediti vantati, con la conseguenza che il creditore ha diritto al compenso per la redazione di un unico atto di precetto, ciò in relazione agli atti pre-esecutivi;
- tutte le ulteriori attività professionali relative alla fase pre-esecutiva (es.: disamina del titolo esecutivo; notificazione dello stesso unitamente al precetto; esame delle relative relate; nonché ogni altra ulteriore attività del procedimento non indicata) non sono comprese nella voce relativa al compenso professionale dovuto per il precetto, ma nella voce relativa alla “fase di studio e introduttiva del procedimento esecutivo” (art. 5, lettere e ed f della Tariffa Forense), onde deve ritenersi che tali attività, anche se hanno, ovviamente, incidenza maggiore in caso di pluralità di titoli esecutivi, non possano incidere sull’importo dovuto quale compenso per la voce relativa all’atto di precetto (n. 6 della tabella allegata alla Tariffa).
Di seguiti i fatti in breve:
- un professionista legale, in forza di 40 distinti decreti ingiuntivi, dichiarati esecutivi, procedeva alla contestuale notificazione di 40 precetti a due Compagnie appartenenti allo stesso Gruppo assicurativo;
- le due compagnie proponevano, con un unico atto, opposizione ai 40 precetti, ex art. 615 c.p.c., comma primo, contestando, tra l’altro, la violazione dei doveri di buona fede e correttezza, per avere, il creditore aggravato -illegittimamente- la posizione debitoria, attraverso la contestuale ed ingiustificata notificazione di tante intimazioni quanti erano i titoli esecutivi, nonostante la identità di parti (creditore/debitore), configurandosi, così, il frazionamento del credito e l’abuso dello strumento processuale;
- L’opposizione veniva rigettata dal Tribunale competente;
- La Corte d’appello, in riforma della decisione di primo grado, invece, l’accoglieva parzialmente l’opposizione, dichiarando sussistente il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata, in base agli atti di precetto opposti ed ai titoli fatti valere, limitatamente alla sorta capitale oggetto di ciascun titolo, agli interessi al tasso indicato nell’art. 1284, comma 1, c.c., con le decorrenze stabilite nei titoli, nonché, quali compensi professionali, limitatamente all’importo di Euro 14,92 per ciascuno dei trentotto atti di precetto notificati alla prima Compagnia (1/38 del compesno di precetto previsto dal tariffario vigente) ed all’importo di Euro 67,50 per ciascuno dei due atti di precetto notificati alla seconda Compagnia (1/2 del compenso di precetto previsto dal tariffario vigente);
- Il legale della parte creditrice proponeva ricorso per la cassazione della sentenza resa dalla Corte di Appello, sulla scorta di 4 motivi, tutti integralmente rigettati dal Supremo Collegio.
Il principi stabiliti dalla Corte di Cassazione sono destinati a condizionare le modalità operative per il recupero coatto dei crediti fondati su distinti titoli esecutivi e, oltre ad assumere portata estremamente innovativi, in difetto di specifici precedenti sul punto (notifica di più precetti in forza di distinti titoli in danno del medesimo debitore), costituiscono un punto di svolta rispetto alla lotta all’anomalo utilizzo della fase esecutiva.
Il ragionamento del Supremo Collegio, con riferimento al primo principio, parte dell’assunto, ormai consolidato da granitica giurisprudenza, per cui “è contrario a buona fede il contegno del creditore che – senza alcun vantaggio o interesse – instauri più procedure esecutive in forza di diversi titoli esecutivi nei confronti del medesimo debitore; in tal caso, il giudice dell’esecuzione è tenuto a riunire i suddetti procedimenti e, conseguentemente, liquidare al creditore procedente le sole spese e i soli compensi professionali corrispondenti a quelli strettamente necessari per la notifica di un solo/unico precetto e per l’esecuzione di un solo/unico atto di pignoramento in relazione ad un valore pari alla somma dei titoli esecutivi separatamente azionati» (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6513 del 03/03/2023, Rv. 667078 – 01).” Di conseguenza, assume la Corte, anche nel caso in cui il creditore, senza dimostrare di averne un legittimo vantaggio ovvero uno specifico interesse (che non sia quello di lucrare maggiori spese, così aggravando la posizione del debitore, in tal caso configurandosi un vero e proprio abuso del diritto), minacci di instaurare più procedure esecutive, ancorchè in forza di diversi titoli esecutivi, nei confronti del suo debitore, come avvenuto nella specie, devono essere riconosciute, in favore del primo, le sole spese e i soli compensi professionali corrispondenti a quelli strettamente necessari per la notifica di un solo atto di precetto, in relazione ad un valore pari alla somma dei titoli esecutivi separatamente azionati.
Con riferimento al secondo principio, invece, il Supremo Collegio torna a ribadire che le ulteriori attività professionali relative alla fase pre-esecutiva (es.: disamina del titolo esecutivo; notificazione dello stesso unitamente al precetto; esame delle relative relate; nonché ogni altra ulteriore attività del procedimento non indicata) vanno ricomprese nella voce relativa alla “fase di studio e introduttiva del procedimento esecutivo”, prevista dall’art. 5, lettere e) ed f) della Tariffa Forense, e tali attività, non potendo incidere sull’importo dovuto quale compenso per la voce relativa all’atto di precetto, vanno liquidate nell’eventuale e successiva procedura esecutiva.